Trent'anni di attività agonistica vissuti tutti d'un fiato, mille battaglie, qualche incidente di percorso e tante risurrezioni, due campionati vinti (con la Cisco Roma nel 2007 in C2 e con la Frattese nel 2014 in Eccellenza) e, nel frattempo, un alveare di progetti per potersi garantire una propria realizzazione umana e personale anche al di fuori di un mondo del calcio troppo angusto e precario. Claudio Costanzo dice basta a 35 anni ma è un addio rumoroso, forse inatteso per la sua estemporaneità ma che fa un po' male soprattutto al cuore di chi ne ha condiviso tenacia, aspirazioni e crescita. E di chiunque, dall'esterno, abbia potuto ammirarne classe ed estro. "Chiudo questo 2020 con una decisione presa a malincuore per quanto doverosa: smetto col calcio giocato", questo l'incipit del suo commiato. Impossibile non aver provato un filo di amarezza e di sconcerto ad una prima lettura, improbabile non aver avvertito un minimo di commozione recependo le testimonianze d'affetto di big e addetti ai lavori che ancora in queste ore scorrono inarrestabili.
Dagli esordi con la scuola calcio Oasis, di stanza a Frattamaggiore, agli ultimi sette anni con la Frattese che ne hanno esaurito la parabola professionale col tesoretto di 32 gol in oltre 200 gare ufficiali tra campionato e Coppa. Vestire il nerostellato della sua città natale è stato certamente uno di quei sogni realizzati a piene mani: profeta in patria (non un privilegio per tutti), punto di riferimento per un'intera comunità, guida indiscussa per i più giovani e i più timidi (i galloni di capitano non sono di certo un riconoscimento che si ottiene gratia et amore dei), artigiano di qualità di una Stella che prima brillava poco e ora grazie a lui tornava a vivere di luce propria, scintillante da far bruciare le vene. Cosa poteva esserci di meglio di una magica combinazione tra protagonismo e senso di appartenenza? E pensare che questo matrimonio non era stato così facile ed automatico: era il 2013 quando Costanzo, ad appena 28 anni, aveva deciso di smettere. Decisivo fu il pressing di Marco De Simone, all'epoca Ds della Frattese, che lo convinse a non lasciar perdere e a regalarsi una nuova opportunità, scuotendone nell'intimo corde e motivazioni. Il resto ce lo hanno messo la sapienza di Teore Grimaldi e l'amore dei "suoi" tifosi, i complici più affidabili. Ce lo confidò lo stesso Costanzo prima di un derby col Sorrento, raccontando dell'annata negativa di Trani che ne aveva messo a dura prova passione e perseveranza. Sorrento, da sempre la sua oasi di pace dove ritrovarsi e rigenerarsi, ma che quella volta lo vide sconfitto. E' finita con i nerostellati che hanno sfiorato l'eden del professionismo grazie alla macchina perfetta costruita dal duo Mennitto-Liquidato, fino al sogno della serie D svanito a Castellammare al secondo anno del nuovo corso Rocco D'Errico. Emozioni troppo ingombranti per non poter essere raccontate. Poi sicuramente qualche rimpianto. Nel 2009 poteva realizzarsi finalmente quest'abbraccio col Sorrento, ma l'approccio iniziale sfumò nel nulla prima del previsto (col successivo trasferimento all'Isola Liri). Come il desiderio di giocare col Napoli, squadra del suo cuore che tuttavia, appena ventenne, avrebbe affrontato da avversario: nella primavera del 2006, col suo Chieti, i neroverdi uscirono battuti 2-0 al San Paolo. La stagione precedente, Costanzo aveva vissuto la gioia dell'esordio in B con l'Ascoli: era il 28 novembre del 2004 quando Massimo Silva, un guru del nostro calcio, lo gettò nella mischia a Trieste a 20' dal termine richiamando in panchina Capparella, il quale dopo qualche settimana sarebbe approdato proprio a Napoli. Ad Ascoli, Costanzo ci era arrivato in prestito dalla Sampdoria, che lo aveva rilevato dalla prestigiosa Damiano Promotion di Carmine Tascone - uno dei primi ad intravedere frammenti di pura poesia nel suo talento - per un bel pugno di quattrini. Col club partenopeo portò a casa il titolo nazionale della categoria Giovanissimi, in blucerchiato, invece, fu punto di forza prima degli Allievi Nazionali e poi della Primavera, anticamera della convocazione in prima squadra. Quindi il crac dei crociati che lo tenne fermo per un bel po'. Fu in quel periodo che Costanzo prese contatto con le asprezze di un cammino che avrebbe presentato il conto di circostanze e fatalità che spesso possono ostacolare le ambizioni più profonde. Come sarebbe andata senza quel brutto infortunio? E' la domanda che ancora oggi trova mille interlocutori ma nessuna risposta davvero convincente. Sappiamo tuttavia come è andata dopo, perché in gran silenzio Costanzo stava già pianificando il riscatto. Il suo primo rinascimento partiva proprio da lì. Se il sogno Samp era d'un tratto evaporato, la capacità di rialzarsi e di essere più forte delle avversità non gliela poteva togliere nessuno.
E come non parlare del Costanzo uomo. Un ragazzo tanto autorevole e carismatico tra le mura di uno spogliatoio, quanto silenzioso, placido e di una educazione disarmante fuori dal campo. Così umile da farti venire voglia di entrargli nell'anima, che però non era accessibile a tutti. Poche parole, ma sempre una gran empatia verso tutti. E arriviamo così alla fine di una storia sportiva e di vita fantastica. "Nuovi obiettivi e nuove strade mi attendono", conclude Costanzo nella sua lettera aperta. Giusto, perché c'è di più e di meglio oltre gli stretti confini del calcio. C'è un appassionante viaggio da esegeta e professionista del Diritto. Un'altra piccola missione da compiere per chi ha studiato e sudato tanto per quest'obiettivo, con passione e lungimiranza. Intanto, grazie per averci emozionati.
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